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Tra Passato e Presente

DAL 1222 A OGGI, LA CONVIVENZA CON IL NOSTRO FIUME TRA AMORE E TERRORE: TRA «INGRASSARE I TERRENI» O «INGROSSARE» E TRACIMARE

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«È uno stupore il considerare el beneficio grande, che [i bresciani] hanno da queste acque et particolarmente dal fiume Oglio, del qual si po’ dire quello che riferiscono del Nilo gli antichi scrittori, che quando inonda irriga tutto l’Egitto, et rende tanto fertile il terreno che causa grandissima ubertà». Così il podestà di Brescia Francesco Tagliapietra scriveva nel 1567, quando concluse il mandato in città e tornò a rendere conto alla Serenissima del suo operato. Esagerava un po’ nel paragonare l’Oglio al più lungo fiume del mondo, ed esagerava anche nel valutarne in termini positivi l’apporto delle piene. Una metafora migliore la usò qualche decennio dopo – precisamente, nel 1592 – Domenico Codagli (autore di una nota e citatissima storia di Orzinuovi), che paragonò l’Oglio a una minacciosa serpe «ch’in primo s’accoglie, e poi si snoda, tra confini nostri». E ad ogni ansa di un fiume, quando la corrente diventava sostenuta, era associato il pericolo di uno straripamento.

La prima esondazione testimoniata da documentazione scritta, in un’epoca povera di uomini e di agglomerati urbani, risale al 1222. Fin da questo anno, tuttavia, emerse una problematica che accompagnò sempre i fenomeni di piena: durante i lavori di riparazione degli argini sfondati – sia nel tratto tra Soncino e Orzinuovi, sia in quello tra Pontevico e Seniga – ci furono violenti scontri armati e momenti di tensione tra le comunità dirimpettaie. Infatti, se i vicini di casa non riuscivano a riparare in fretta i propri argini e li avevano più deboli dei miei, tanto meglio: l’alluvione si sarebbe riversata dalla loro parte. Il detto latino mors tua, vita mea valeva anche per le sponde del nostro fiume. Questo problema si acuì quando l’Oglio, nel Quattrocento, diventò parte del confine di Stato tra Ducato di Milano e Repubblica di Venezia. Ogni piena, ogni esondazione, ogni fatto naturale o artificiale che andava a modificare, anche marginalmente, il corso del fiume diventava un caso di diplomazia internazionale, con le comunità sulle sponde dell’Oglio pronte a prendersi a sassate, archibugiate o anche a muoversi guerra pur di difendere i propri interessi. Gli alti uffici di Milano e di Venezia dovevano attivarsi non appena le acque davano segni di indocilità, perché il pericolo di una escalation incontrollata era sempre in agguato.

Seniga – Mappa acquarellata del Settecento

A questo genere di minacce, ovviamente, si accompagnava quello dell’erosione delle sponde su cui giacevano i centri abitati: nel 1760, per esempio, si scrisse che a Villagana l’Oglio aveva «per intiero corrosa la regia strada, e minaccia(va) di sommergere l’intiero villaggio». La comunità – oltre al danno, la beffa – avrebbe dovuto contribuire alle spese per riattare le vie di comunicazione, e così accadeva anche a Soncino o Calcio per i loro porti sul fiume, spesso spazzati dalla furia della corrente.
Il XIX secolo conobbe probabilmente una delle massime piene mai viste. Le testimonianze relative al 1823 raccontano di un Oglio sopra il livello medio per 2,30 metri a Palazzolo. Man mano che ci si addentrava a sud, i dati diventavano sempre più drammatici: i metri di altezza dell’acqua oltre la norma erano 3,00 a Soncino, 3,60 a Pontevico, 4,55 a Ostiano, per finire con un livello di piena di ben 6,40 metri a Gazzuolo. E l’elenco delle inondazioni, a testimoniare l’impotenza dell’uomo sulle forze della natura, potrebbe stancamente continuare. Allagamenti diffusi si ebbero a Quinzano e Pontevico nell’inverno del 1888. 

Le piazze di Palazzolo furono allagate nel 1926 e nel 1928: la città si decise perciò a costruire i ripari e il Lungo Oglio (tra 1931 e 1932) ancora oggi visibile. L’ondata di piena più significativa tra quelle registrate in anni recenti fu quella del settembre del 1960, ma anche nel 2000 – nonostante la piena sembrasse meno irruenta – il piano di calpestio della passerella pedonale di via della Maddalena si trovò interamente sotto il livello dell’acqua. Certo non si possono tacere gli indubbi passi in avanti che la regolamentazione delle acque ha portato nel XX secolo: nel periodo in cui le acque non erano regolate (1852–1932), le tracimazioni oltre il livello di guardia furono sei, mentre nel periodo successivo (dati compresi tra 1933 e 1994) le esondazioni superiori al metro e ottanta furono solo due. Gli episodi più recenti, tuttavia, invitano a non diminuire l’attenzione. 

Rudiano – Mappa acquarellata del Settecento

Del resto, la storia geologica della pianura ha dato una grossa mano nel frenare le intemperanze del fiume: era noto da molti secoli, infatti, che più a nord il Sebino aiutava a contenere gli effetti delle inondazioni. Nel XIX secolo Carlo Cocchetti sapeva che «dell’Oglio e del Chiese raffrenano le piene i laghi d’Iseo e d’Idro». I dati attuali lo confermano: ancora oggi – di certo si sono fatti passi in avanti nella gestione delle emergenze – la portata centenaria del fiume all’ingresso del lago è di 930 m3/s, mentre quella in uscita è meno della metà. E se in passato non erano infrequenti tracimazioni delle acque che portavano morte sulle sponde dell’Oglio – con distruzione di raccolti, attività economiche e infrastrutture – ecco che si spiega anche la leggenda (riportata sempre da Codagli) che subito dopo l’Età Romana l’Oglio «inondava sì gran paese, che congionto col Serio cagionava non lungi da Crema un lago adimandato il Mare Girondo».  Perché, in fondo, basta una lettera a cambiare tutto: molti podestà di epoca veneziana sapevano bene che l’Oglio aiutava a «ingrassare i terreni», ma ci voleva poco perché il suo «ingrossare» si trasformasse in tragedia.

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