A una prima occhiata, l’Atelier di Arte Varia sembra lo studio di un estroso collezionista, uno di quei luoghi che possono trovarsi solo nel sottotetto di antichi palazzi parigini. Si stenterebbe a credere di essere a Palazzolo sull’Oglio, se non fosse che per accedervi si percorre uno scalone affacciato su piazza Roma. Nel varcare la soglia, il visitatore è accolto da un dipinto di Italo Ghilardi del 1974 raffigurante il proprietario di questo studio: Silvio Arcaini, ex-impiegato della Marzoli in pensione.
Dei suoi 73 anni, gran parte è trascorsa radunando oggetti e opere di ogni forma, colore e dimensione in giro il mondo. Tutto comincia proprio alla Marzoli, dove Silvio apprende che molti suoi colleghi coltivano interessi nel campo artistico: «Savino Frigeni, Aldo Urgnani, Daniele Turra, Piero Raccagni, Angelo Brescianini, Italo Ghilardi e Felice Labianca mi hanno indirizzato verso questo mondo. Grazie a loro e frequentando la Galleria F22 di Franco Rossi ho avuto modo di conoscere molti artisti di fama internazionale».
Attratto dall’arte in tutte le sue forme, coltiva la sua passione fin da giovane: «Ho cominciato a 18 anni con raccolte di orchestrine in legno e poi via via collezionando oggetti di natura varia». E vario è l’aggettivo più idoneo per descrivere questo universo a metà tra l’atelier di un pittore, un antiquario, un mercatino etnico e il laboratorio di un inventore. Qui si può trovare di tutto: dall’arte popolare e naïf degli ex-voto al kitsch del modernariato, dagli abiti tipici dell’Afghanistan ai mascheroni africani, passando per storiche macchine da scrivere (come l’iconica Olivetti Lettera 22 o l’antica Oliver a orecchie d’elefante), giocattoli e splendidi quadri e installazioni degli amici artisti, tra i quali spiccano le opere di Ghilardi, l’arte ottica di Brescianini e le tele di Urgnani. Una tavolozza coloratissima suddivisa per aree tematiche, anche se, come racconta Silvio: «Non c’è la pretesa di organizzare un percorso. Le persone che frequentano il mio atelier sono amici e mi piace che siano liberi di esplorare come credono le cose che conservo qui».
E nonostante sia restio a definirsi un collezionista a tutti gli effetti, questa passione lo ha condotto a dare forma a vere mostre. «Nel 2004 un amico mi ha proposto di fare un’esposizione di maschere, abiti e sculture africane presso la Cicogna Rampana, dalla quale è nato anche un catalogo». Non sono mancate persone interessate a pezzi della sua collezione, ma alla domanda di vendergli un’opera la risposta è sempre la stessa: «Non riesco a separarmene, sono felice di godermi le mie cose. Quando non ci sarò più potranno essere cedute, ma per ora no». Mosso dalla gioia di visitare luoghi nuovi, avere idee e immagazzinare ricordi, come gli artisti attraversano che molte fasi così anche Silvio ha attraversato diversi periodi nella sua ricerca. Ma se nel suo cuore i viaggi in Kenya occupano il primo posto, fra tutte le sue collezioni non riesce a scegliere un pezzo a cui è più affezionato.
Quando poi il collezionismo non basta, si passa all’azione: dalla sedia di barbiere al centro del suo atelier, o raccolto nel soppalco al piano di sopra (dove peraltro pare essere morto Tantalo Micheletto, un nipote degli Sforza), Silvio inventa: «Cerco di essere creativo con banalità, creando installazioni con oggetti d’uso comune e pittura. E, visto che non voglio che passino gli anni, ho creato un orologio che gira in senso antiorario».
Classe 1991, laureata in Comunicazione, Informazione ed Editoria all’Università di Bergamo. Collabora come copywriter e scrive per il magazine online Eppen dove si occupa di outdoor e tempo libero. Gattara senza speranza, tra le cose che ama annovera la fotografia, il trekking e i giochi da tavolo.