Paolo Cressi, classe 1981, è nato a Sarnico, ma ha sempre vissuto a Paratico, passando l’infanzia tra i ristoranti del padre e dello zio e la casa della nonna, a Fosio, a pochi passi dalla diga. Nel 2000, però, non ancora ventenne, arriva la svolta: «Ho passato un anno a Orlando, in Florida, come cameriere al ristorante Alfredo, proprio dentro l’Epcot Center di Disney World. Lì ho scoperto la mia passione per gli Stati Uniti: avevo in progetto di tornarci dopo pochi mesi, ma dopo il disastro delle Torri Gemelle è cambiato tutto».
Al rientro, comunque, non gli va così male, visto che inizia a lavorare in un negozio di Rodengo Saiano e qui conosce Elisabetta: i due si sposeranno nel 2007 e, insieme, si lanceranno nel mondo del commercio e nell’imprenditoria. «Nel frattempo io frequentavo un corso per sommelier, mentre lei si specializzava sempre più come chef di cucina alternativa e di nuova generazione, con particolare attenzione alla cucina gluten free e a basso contenuto glicemico».
Ma ad un certo punto le vecchie passioni tornano a farsi sentire. «L’azienda andava bene e questa base solida, unita alla voglia di cambiare, ci ha dato la spinta a realizzare il sogno di trasferirci negli States, dove riteniamo che le prospettive siano migliori. Per noi e per i nostri due figli, di 9 e 12 anni». Ed è così che tutta la famiglia si trasferisce a Long Beach, circa 20 chilometri a sud di Los Angeles, in California: «Che, tra parentesi, è uno dei poli tennistici più importanti al mondo: aspetto importante, visto che il tennis è la grande passione che condivido con mio figlio Sebastiano. E quì c’è una migliore organizzazione, che permette di conciliare al meglio carriera scolastica e sport». Insomma: sole, mare e tennis.
Ascoltando Paolo, però, emerge comunque l’idea di un cambiamento non certo facile, che lui stesso definisce drastico. «E con il quale ancora oggi facciamo i conti: io ora mi occupo di import di vini e collaboro come sommelier con alcuni ristoranti italiani, mentre Elisabetta fa da consulente chef e marketing manager per altri: il sogno, però, è di aprirne uno tutto nostro». Viene quindi spontaneo chiedersi se non ci sia mai stato un momento in cui si siano pentiti della scelta o come vedano il nostro Paese da fuori. «La vita qui è dura e credo di poter dire che qui si lavora il doppio rispetto all’Italia. Ma, per il momento, la felicità dei nostri figli e le opportunità tengono acceso l’entusiasmo. Sono tre anni che non vediamo le nostre famiglie e gli amici, ma per quanto riguarda l’Italia, leggendo i giornali la sensazione è sempre quella di un Paese allo sbando. Qui, invece, c’è una incredibile capacità di guardare al futuro: non a caso la California è la patria dei colossi tecnologici mondiali».