Settantacinque anni fa la comunità di Palazzolo stava vivendo quello che forse è ricordato come il peggior periodo della storia recente della cittadina. Stiamo parlando di quei terribili nove mesi di continui bombardamenti del ponte della ferrovia che costrinsero centinaia di residenti, anche di Castelli Calepio, ad abbandonare temporaneamente la propria abitazione per evitare di morire sotto le bombe che l’aviazione americana sganciava per impedire il trasporto di attrezzature e materiale militare di rifornimento agli occupanti nazisti spalleggiati dai repubblichini italiani.
Il primo bombardamento fu spaventoso. Era da poco passata l’alba della domenica, quel 23 luglio 1944, quando il rione Calci fu sconvolto dalla prima incursione aerea alleata. I velivoli, che partivano dall’aeroporto di Pisa, volavano nel Nord Italia non ancora liberato dal nazifascismo proprio per impedire i rifornimenti e favorire così l’avanzata anglo–americana sulla Linea Gotica. Quella mattina del dì di festa, alle 7.10, vennero sganciate le prime bombe e azionate le mitragliatrici; il ponte ferroviario, in piedi dal 1857, fu distrutto. Ciò che però i palazzolesi e gli abitanti di Castelli Calepio non sapevano ancora è che a quel primo bombardamento ne sarebbero seguiti altri trentuno: un calvario che scosse profondamente le comunità e che si interruppe solo dopo la Liberazione, il 27 aprile 1945, quando alle quattro del pomeriggio un aereo alleato diede l’ultimo colpo all’infrastruttura, la bomba numero 1.096. Mentre la gente, stremata da cinque anni drammatici, era in piazza per festeggiare la fine del secondo conflitto mondiale e in molti speravano nel ritorno dei ragazzi dispersi in tutta Europa, quell’ultimo frastuono segnò l’epilogo di un periodo al quale fortunatamente sono seguiti 74 anni di pace e prosperità.
La storia racconta però anche l’ostinazione della compagine che combatteva per difendere la dittatura nazifascista, che pur conscia di non avere più grandi opportunità di invertire la rotta della guerra – che stava per vedere la Germania perdere terreno a Sud ad opera dell’esercito americano e ad Est per l’avanzata dell’Armata Rossa sovietica – ad ogni bombardamento ricostruiva sommariamente con ponteggi lignei la struttura per consentire il collegamento vitale verso Nord, e in particolare quelli tra Milano ed il Reich.
Complessivamente furono sette le vittime civili palazzolesi, alcune decine i feriti. In più, in qualche caso, tra i morti si contarono anche passeggeri di convogli che finirono sotto ai bombardamenti. Durante la prima incursione, nel mitragliamento di un convoglio all’altezza di Quintano, rimasero uccisi anche un militare tedesco e uno italiano, mentre in quella del 12 novembre 1944 un pilota statunitense rimase vittima nel suo aereo precipitato in fiamme nei campi tra Palazzolo e Palosco vicino alla cascina Treschiera. Il ponte, ormai devastato in più parti, fu una delle priorità dell’immediato dopoguerra. Ricostruito a tempo record, stavolta per essere definitivo, venne inaugurato il 27 maggio 1946. Ed è quello che ammiriamo ancora oggi.
PANICO, DOLORE, MORTE: COSÌ I GIOVANI DI ALLORARICORDANO QUEI DRAMMATICI MOMENTI A ricordare il periodo in cui la guerra fece prepotentemente ingresso nella cittadina sono ancora in tanti, oggi anziani, che non possono scordare una pagina così drammatica della propria vita. Come Enrico Strabla, che all’epoca abitava nelle Case Operaie, poi sfollate. «Il primo bombardamento è stato anche il più drammatico perché ci ha colto tutti di sorpresa – ha scritto l’85enne in occasione dell’anniversario –. Dodici cacciabombardieri sono piombati improvvisamente sul paese senza che suonasse l’allarme. Erano le sette del mattino: essendo domenica la maggior parte delle persone stava ancora dormendo. Gli aerei giravano a gran velocità e poi si gettavano in picchiata mitragliando e sganciando bombe, creando un frastuono infernale. In preda al panico la gente è saltata dal letto senza avere il tempo di vestirsi e si è riversata nelle strade per raggiungere i rifugi o correre verso la campagna, alcune persone sono corse fuori mezzo nude, come si trovavano a letto, poiché faceva molto caldo».
Oltre a Strabla, anche altri due testimoni visivi dei bombardamenti si sono raccolti per portare le loro esperienze all’inaugurazione del pannello, come Santina Vezzoli che all’epoca aveva vent’anni e lavorava come domestica nella casa del direttore dell’Italcementi, lo stabilimento più vicino alle raffiche dal cielo. Dodici anni aveva invece un’altra abitante delle case operaie, Giannina Cancelli, che al primo bombardamento era in chiesa con la madre incinta e che scappò subito a casa per controllare la situazione, per poi rifugiarsi da una famiglia amica in campagna. Solo durante la prima incursione morirono due civili: Giovanni Rossi, colpito nella sua casa di via Brescia da un pallottola mentre era nell’orto, e Margherita Pasqua, a cui venne un infarto a causa dell’episodio. Nei mesi successivi morirono a causa dei bombardamenti altri cinque palazzolesi: Battista Bonassi, Rosa Vezzoli, Carlo Buffoli, Erminia RossiAntonio Setti. A tutti loro l’Ekoclub di Palazzolo sta pensando di dedicare un monumento, costruito con i materiali ferrati ritrovati negli ultimi tempi e risalenti al 1945.
Già da ora, però, per ricordare i trentadue bombardamenti del ponte ferroviario, in occasione del 75esimo anniversario le realtà palazzolesi Ekoclub, Fondazione Cicogna Rampana e Anpi, sostenute da Movimento Cooperativo Palazzolese e Amministrazione comunale, hanno realizzato e collocato al parco Metelli un pannello commemorativo. Così che tutti possano conoscere i drammatici fatti di allora.
Foto d’epoca – Archivio Fotografico Giovanni Battista Camossi
Giornalista pubblicista, classe 1986, nato a Palazzolo sull’Oglio dove risiede da sempre. Laureato magistrale alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, lavora come corrispondente per un importante quotidiano locale.
Appassionato di cinema, di storia, lingue straniere e geopolitica.