Dalle verdi campagne di Calcio a uno dei centri di ricerca più prestigiosi del mondo, il National Institutes of Health di Washington negli Stati Uniti d’America, dove si occupa di Neurofisiologia. Questa è la bella storia del 31enne Sebastiano Bariselli: una sfida fatta di studio, impegno e dedizione alla ricerca.
Il calcense classe 1987 dopo aver passato l’infanzia e l’adolescenza nel paese della bassa bergamasca, stando sempre a stretto contatto dell’azienda casearia dei suoi genitori, ha conseguito due lauree (triennale e specialistica) all’Università Statale di Milano nella Facoltà di Biotecnologie farmaceutiche. «In Italia, grazie all’eccellenza delle nostre Università siamo molto ben formati – spiega Sebastiano –. Abbiamo una conoscenza di base molto più ampia e completa, ma meno specifica. All’estero invece ci troviamo a competere con un’istruzione molto più specializzata su un dato argomento. Il vantaggio è che noi italiani, avendo delle fondamenta più forti, abbiamo una mente più flessibile per risolvere problemi, ed è per questo che siamo molto apprezzati nelle università straniere».
Il trasferimento all’estero di Sebastiano inizia nel 2013 in Svizzera, tra Ginevra e Losanna, dove consegue un Dottorato di ricerca in Neuroscienze fondamentali, facendo una ricerca sull’autismo legato ad alterazioni in specifiche aree del cervello. «Quella a Ginevra è stata una bellissima esperienza perché lì l’università ha molte risorse e soprattutto c’è una grande storia per quanto riguarda lo studio dell’elettrofisiologia». Nei laboratori dell’NIH di Washington ci arriva nel 2017 e fin da subito apprezza il fatto che il campus universitario sia adiacente all’ospedale e al centro clinico. «Mi dà l’idea che la mia ricerca sia direttamente applicata alla cura delle malattie e alla vita dell’uomo: la cosa più importante è proprio capire che quello che fai è funzionale, così posso percepire il vero impatto del mio lavoro». Qui Sebastiano studia a fondo i neuroni e i segreti del cervello umano, come ad esempio la sua plasticità e gli effetti che l’abuso di droghe può avere proprio sulla plasticità cerebrale.
Dopo sette anni di vita lontano dall’Italia, Sebastiano ammette di non sentire eccessivamente la mancanza di casa: «All’inizio mi mancava molto di più, ma ora non ne soffro in maniera troppo forte. Mi tengo quotidianamente in contatto con la famiglia e gli amici, anche grazie all’aiuto dei social network: mia mamma ad esempio ha imparato a usare Skype per videochiamarmi dall’Italia». Tuttavia, nel suo paese natale sulle rive dell’Oglio ci è tornato diverse volte, l’ultima a maggio di quest’anno: sia per ritirare un premio vinto grazie alla sua tesi di Dottorato in Svizzera, sia per sbrigare tutte le faccende burocratiche necessarie al rilascio del visto per vivere negli Stati Uniti. «C’è molta burocrazia, non è di certo come bere un bicchier d’acqua, ma questo non deve essere un qualcosa che ti blocca a fare un’esperienza all’estero».
E per finire Sebastiano vuol dare un altro prezioso consiglio a tutti gli studenti e ricercatori che vogliono fare un percorso di studi all’estero: «Mi auguro che i giovani italiani riescano a perdere il timore reverenziale che il sistema universitario italiano ti incute: all’estero c’è molta meno gerarchia, ma ciò non vuol dire che sia una mancanza di rispetto».