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Il «lato B» del cane, verso una libera convivenza: i progetti educativi di «6Zampe» e «Stray Dogs» sul randagismo

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Simpatia, affetto, momenti di gioco, per non parlare della proverbiale fedeltà. Tutti noi concordiamo sulle caratteristiche che cerchiamo in un cane. Ma siamo sicuri di rispettarne sempre la libertà, come dovrebbe accadere in ogni buona relazione? Siamo sicuri di non costringerlo a una convivenza dannosa?
Queste le domande portanti della conferenza di sabato 15 giugno presso la struttura Allinea-Menti in via Raspina a Palazzolo dei ragazzi dell’associazione 6Zampe. Una serata ricca di riflessioni e testimonianze condivise dai volontari di Stray Dogs International Project: associazione cinofila bolognese che dal 2015 si dedica allo studio dei randagi e a metodi d’intervento multidisciplinari.

«Occorre innanzitutto ragionare su quella che è la nostra idea di animalità in generale», ha detto il presidente Lorenzo Niccolini, preannunciando il nocciolo della serata, ovvero il lato B del cane: quella libertà che l’uomo spesso vede come un problema da risolvere. «In poche generazioni, abbiamo aumentato la distanza tra noi e gli animali – ha proseguito Lorenzo –. Siamo abituati ad avere un contatto filtrato da zoo, parchi acquatici, circhi e allevamenti intensivi. Senza contare un grosso lato oscuro del mondo canino fatto di abbandoni, violenze, canili–lager e adozioni pericolose». 
Già, perché per quanto strano possa suonare e nonostante le migliori intenzioni, spingere per l’adozione non è sempre la soluzione giusta. Infatti, c’è il rischio che una campagna di sensibilizzazione comunichi senza rendersene conto un’immagine svalutata del cane, il quale diventa così «un oggetto scartato da salvare a tutti i costi, un rifiuto sofferente che ha toccato la nostra pietà. Insomma, una strategia più utile a noi per sentirci dei salvatori, anche quando non abbiamo gli spazi adeguati per un animale domestico». 

Ecco perché una corretta gestione del randagismo e un alleggerimento delle strutture possono tracciare una via alla convivenza libera. Tuttavia diversi fenomeni la ostacolano. Tra questi i punti cibo, diffusi in Italia (specie in Sicilia e nel Sud) o anche in Marocco, collocati da volontari del territorio privi di una sinergia con le Amministrazioni, le strutture private, i veterinari e altre realtà.
«Nella prima fase dei nostri progetti, ci dedichiamo all’osservazione e alla convivenza – ha detto la vicepresidente Clara Caspani – ovvero come vivono le persone, come vivono i cani e il grado di equilibrio nella loro relazione. Dopodichè attiviamo dei progetti mirati in collaborazione con quel particolare territorio. La formazione dei volontari e i tirocini sono indispensabili, ma non esiste una formula magica per gestire il randagismo in ogni contesto».

Lo sanno bene gli educatori di 6Zampe reduci da un progetto col centro cinofilo La Porziuncola, nel catanese. A tal proposito, è intervenuto il proprietario Simone Venuti per illustrare al pubblico cosa significhi restituire la libertà a un cane: «Dopo aver studiato le abitudini del branco, stabiliamo l’ordine di cattura e sterilizzazione. L’animale trascorre cinque giorni sotto osservazione e sette in degenza, interagendo il meno possibile con l’uomo. A questo punto, se in salute e non pericoloso, viene reimmesso nello stesso luogo in cui è stato catturato. Una soluzione non solo etica, ma anche sostenibile per le amministrazioni». Sembra strano, eppure anche i cani potrebbero essere condannati alla libertà.

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