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Devozione e protezione dopo la peste: così è nata la Cappella di San Rocco a Mura

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Ovunque esistono testimonianze architettoniche delle pestilenze che hanno flagellato il nostro territorio durante i secoli: piccoli oratori, affreschi votivi dedicati ai Santi Rocco, Sebastiano e Defendente, santelle disperse nella campagna. Anche Palazzolo conserva dei monumenti a ricordo di queste epidemie: la chiesa di San Rocco a Riva e – piccolo gioiellino della città – la Cappella omonima annessa alla chiesa di San Giovanni Evangelista, accanto al Torrione di Mura.

La piccola cappelletta è ben più recente della chiesa di San Giovanni, costruita nella parte più alta della contrada e almeno inizialmente separata dalla Pieve di Palazzolo. Infatti, la Cappella di San Rocco venne costruita dopo il 1485, in seguito a una terribile pestilenza. Aperta su tre lati, venne completamente affrescata e munita di un piccolo altare trasportabile in legno, come testimonia la presenza di una piccola nicchia usata o come sede per la cassetta delle offerte o come piccolo lavatoio per il sacerdote. Seguendo le indicazioni di San Carlo Borromeo, nel XVIII secolo l’arco a sesto acuto che apriva la cappella venne chiuso e successivamente l’ambiente venne trasformato in una piccola sagrestia.

In seguito la Cappella è stata restaurata ed è tornata al suo antico splendore, anche grazie alla riapertura dell’arco di ingresso, mostrando così i suoi bellissimi affreschi a testimonianza del gusto che imperversava lungo il corso dell’Oglio verso la fine del XV secolo. Infatti, gli affreschi (commissionati da alcuni cittadini di Mura) hanno scopo votivo: non a caso non ci sono narrazioni sulla vita del titolare della cappella, ma – come testimonia la decorazione della parete orientale – si tratta di Sacre Conversazioni con la Vergine e il Bambino sulle ginocchia seduta sul trono, accompagnata da una serie di Santi. Nello specifico, la critica ritiene che il ciclo della parete orientale fosse il più importante e qui si ritrovano i Santi cui si faceva riferimento: San Rocco e San Sebastiano, a cui si accompagnano anche i Santi Cristoforo e Gerolamo.

San Rocco

Niente si sa degli autori di questa serie di decorazioni: come spesso accadeva, è probabile la presenza di una bottega di pittori. L’artista più esperto, il capomastro, affrescava le parti più importanti del ciclo, mentre i suoi allievi erano destinati alle parti di minor rilievo.
Nel caso della cappella di San Rocco, il capomastro si occupò della parete orientale e – benché non si sappia niente di lui – si comprende che era aggiornato sulle innovazioni linguistiche non solo del suo territorio, ma anche di quello della vicina Bergamo. Infatti, oltre alle influenze dei fratelli Bonifacio, Benedetto e Andrea Bembo, attivi a Brescia nella seconda metà del Quattrocento, e di Giovanni Pietro da Cemmo, attivo anche in provincia di Cremona a cavallo fra il XV e il XVI secolo, egli conosceva anche il linguaggio del cosiddetto Maestro di Martinengo, pittore attivo nella cittadina bergamasca nella seconda metà del Quattrocento, aggiornato sulla pittura lombarda e sul gusto rinascimentale di Andrea Mantegna.

Arrivata a Bergamo all’età di quattro anni, ama definirsi “sardorobica”, perché non può fare a meno né del Campidano, né della Bassa. Laureata in Storia dell’arte alla Statale di Milano, si occupa di divulgazione storico-artistica e continua a studiare arte locale, pubblicando le sue conclusioni sul suo blog vademecumturistacasuale.altervista.org/blog/

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