Niki Cadei è nato a Sarnico nel 1977 ed è da poco tornato a vivere a Paratico. Un tragitto breve? Per nulla, considerando che Cadei ha girato come pilota i circuiti automobilistici di mezzo pianeta: prima nella Formula 3 e poi nelle categorie Gran Turismo e Endurance.
E peraltro con un palmares di tutto rispetto, nel quale figurano anche il titolo di Campione del Mondo Ferrari Challenge Trofeo Pirelli nel 2004, le tre vittorie alla 24 ore di Spa (nel 2013, 2016 e 2017) e il successo alla 24 ore di Le Mans nel 2012 nella categoria AM. «All’anagrafe, però, sono Nicola: mio padre era un grande tifoso di Niki Lauda, ma all’epoca non era facile avere come nome il diminutivo di un Santo».
Con una premessa del genere, è facile intuire chi gli abbia trasmesso la passione dei motori: «Vengo da una famiglia di ristoratori e all’epoca tra i clienti del ristorante c’era Alex Caffi, pilota di Formula 1 anni Novanta. Iniziammo a seguirlo e mi misero su un kart. Ho smesso di fare il pilota nel 2012». Un rapporto di grande amicizia quello con il pilota di Rovato e che resiste nel tempo. «Sono ancora il suo primo tifoso. A casa ho ancora il casco che mi ha regalato anni fa».
Alla 24 Ore di Le Mans 2012
Dopo il ritiro, comunque, Niki non è comunque uscito dal motor sport e ora – oltre ad essere Istruttore di I° livello per la Federazione Italiana – riveste sia il ruolo di Responsabile nella Scuola Giovani di Porsche, sia di Direttore sportivo del team Kessel Racing, impegnato nel Ferrari Challenge. Una serie di ruoli che lo tengono lontano dalla Valle dell’Oglio per 200 giorni l’anno, ma che lo fanno sentire ancora una volta fortunato. «Ho smesso di fare il pilota perché era diventato un lavoro e col tempo lo stress delle corse mi aveva fatto perdere un po’ di passione. Ho provato a fare il ristoratore, ma mi sono accorto che avevo un talento e ho capito che dovevo continuare a fare quello che più amo. Stare a casa poi sarebbe difficile, perché le mie amicizie e conoscenze sono sparse per il mondo». Una passione, quella di viaggiare, che coltiva con la moglie, insieme a quella per il tennis ed alla sua Range Rover dell’84.
Tra tutti gli impegni, però, ad illuminargli il volto è il racconto della decisione di lavorare con i giovani. «Insegno loro che non devono solo essere bravi in pista, ma anche completi come professionisti fuori dalla pista: intervista, gestione dei social e soprattutto uso della lingua inglese». Anche in questo campo, però (come a volte succede nel mondo della scuola), spesso il problema sono i genitori: «Quanto detto sopra proviamo a spiegarlo anche ai genitori. E a volte mi tocca essere il cattivo e ricordare loro che sono tanti ad essere bravi, ma pochissimi quelli che diventano campioni».
Meno male che a dare il senso a tutto questo sforzo ci sono proprio loro, i giovani. «È una grande soddisfazione perché lavoro con dei ragazzi che hanno degli obiettivi: sono dei sognatori come me all’epoca. E devo ammettere che mi emoziona rilasciare una licenza ad un ragazzo di 16 anni, perché penso a quando l’ho presa io e a tutto quello che mi è successo da allora».
Laureato in Economia Aziendale all’Università di Bergamo, scrive per passione e collabora con alcune riviste della provincia di Bergamo. Appassionato di sport e storie strane, con il collettivo di scrittori Gli Imbrattatori ha scritto la raccolta di racconti Lo Scirocco Dura Solo Tre Giorni.