Nel suo lavoro biografico Io sono come Omero. Vita di Lawrence Ferlinghetti, la storica traduttrice italiana del poeta, Giada Diano, riportava la sofferenza dell’autore rispetto all’assenza di notizie sulle sue origini: quasi una richiesta di aiuto. «Ogni minuscolo frammento di informazioni o indizio che qualcuno ha scoperto sulla mia famiglia è come una gemma trovata sul fiume. Sono ancora un segugio che insegue le tracce di un profumo perduto», aveva scritto una volta Lawrence Ferlinghetti
Ed è probabilmente questa insaziabile sete di radici e verità che ha portato negli scorsi anni il sommo poeta americano fino alla nostrana Chiari, dove una famiglia Ferlinghetti ancora vive e dove il poeta era certo di avere trovato casa. Salvo poi il recente svelamento della verità sulle origini bresciane del cantore: una realtà portata alla luce dal ricercatore Francesco Zeziola, che ha trovato il bandolo della matassa ed ha appurato la nascita di Carlo Ferlinghetti (papà di Lawrence) a Brescia il 14 marzo 1872, dopo il trasferimento della sua famiglia da Gussago.
CHIARI NEL CUORE «Cordiale, raffinato, gentile, ironico ed autoironico. All’incontro in Sala Giunta fece addirittura un breve discorso in inglese infarcito di parole in italiano». Così, Mino Facchetti – ex sindaco di Chiari e memoria storica dell’evento che organizzò con la sua Giunta – ricorda il poeta e icona della beat generation americana Lawrence Ferlinghetti, che proprio lo scorso 24 marzo ha compiuto 100 anni. Celebrato in tutto il mondo, mito di generazioni di scrittori, la sua affiliazione alla città di Chiari è stata spesso oggetto di dibattito.
«Sapevo che a Chiari viveva una famiglia di nome Ferlinghetti e feci delle ricerche – spiega Facchetti –. Nel settembre del 2003, tramite Walter Pescara, suo fotografo ufficiale, ed il suo agente italiano oggi scomparso, calendarizzammo una visita. Lo andammo a prendere con lo scuolabus e quella fotografia fece il giro della stampa locale. In quell’occasione Lawrence Ferlinghetti incontrò i suoi omonimi clarensi, si intrattenne in Sala Giunta e visitò Villa Mazzotti per poi prendere un aperitivo di commiato». Dopo la visita a Chiari, Ferlinghetti andò al Palatenda di Brescia, dove incantò il gremito pubblico declamando poesie e dipingendo con musica jazz in sottofondo.
Come mai il poeta credeva di avere origini clarensi? Il nome di Carlo Ferlinghetti, padre di Lawrence, non risultava nei registri dell’anagrafe di Chiari e di conseguenza sostenerne con certezza le origini qui diventava impossibile. Tuttavia, si scoprì che nel 1894 quattro clarensi si imbarcarono per gli Stati Uniti dal porto di Amsterdam: tre di questi erano noti per nome e cognome, regolarmente registrati all’anagrafe clarense. Il quarto, invece, no: poteva essere Carlo Ferlinghetti che – forse per nascondere la fedina penale non proprio integra – aveva deciso di lasciare la terra natia? Per il poeta, sì. «Ferlinghetti ricordava, forse un poco romanzandole con la sua immaginazione, le origini clarensi del padre che definì ‘un mafiosetto’. A quel punto mi piacque pensare che quell’uomo partito dall’Olanda alla volta di New York fosse proprio Carlo, speranzoso di ricominciare nel Nuovo Mondo», ricorda Facchetti.
A quel punto, l’amore tra Ferlinghetti e Chiari era ormai scattato e resta tuttora inossidabile. Infatti, la città delle Quadre non si è mai dimenticata di lui. Nel 2005, con il patrocinio dell’allora Giunta Mazzatorta, venne organizzata una mostra fotografica a lui dedicata: gli impegni del poeta purtroppo non gli permisero la tappa clarense: andò solo a Brescia e mentre si aggirava da solo per le vie del Carmine visse l’ennesima avventura. Venne segnalato alla Polizia, che lo portò in Questura: un uomo di statura alta, dal fisico imponente e dagli abiti forestieri non passò inosservato ai vigili occhi dei locali che lo scambiarono per un ladro. Toccò poi all’allora sindaco Corsini rettificare il disguido.
Anche la Rassegna della Microeditoria si è occupata più volte di Ferlinghetti. In collaborazione proprio con la traduttrice italiana del poeta, Giada Diano, nel 2009 è stata presentata la mostra dei disegni di Armando Milani, le cui tavole hanno accompagnato le poesie nel volume di pregio 50 poesie di Lawrence Ferlinghetti 50 immagini di Armando Milani a cura della Diano stessa ed edito dalla G.A.M. di Rudiano nel 2010. E sempre durante gli eventi della Microeditoria venne proiettata l’intervista nella quale Ferlinghetti sosteneva e ricordava le sue origini clarensi: come se aver trovato radici per lui fosse più importante dell’esattezza delle fonti.
LA VERITÀ BRESCIANA Tuttavia, che Ferlinghetti sia originariamente clarense è un falso storico, nato presumibilmente da un intreccio di fonti difficilmente reperibili, da ricordi offuscati e voglia tipicamente americana di trovare radici; nonché dalla volontà di celebrare il poeta, artista, editore e libraio statunitense della beat generation come uno di noi.
Il quesito delle sue origini è stato risolto in anni recenti da Francesco Zeziola – appassionato di ricerca storica e curatore dei Quaderni Clarensi Online – al quale nel 2017 è stato chiesto proprio da un Ferlinghetti clarense di portare alla luce le sue radici, allora intrecciate gioco forza con quelle del poeta.
«Il cognome denota un’origine germanica, probabilmente ‘Ferling’, poi italianizzato attraverso il dialetto bresciano in ‘Ferlingo / Ferlinga / Ferlinghetto’. Il primo antenato di cui ho trovato traccia è Stefano Ferlinghetti di Bovegno nel 1600: la sua progenie si è poi diffusa in Val Trompia». Il famoso padre Carlo, dal canto suo era appunto nato a Brescia: qui era venuta a vivere la sua famiglia (prima situata a Gussago) e da qui è poi partita l’avventura, ancora in gran parte ignota, che lo portò negli Stati Uniti.
Questo lavoro di ricerca, preciso e approfondito, è diventato poi oggetto della tesi del Corso decennale in Ricerca Storica frequentato da Zeziola (tesi discussa nel 2018) e queste preziose informazioni hanno cominciato a girare il mondo. Quest’anno il professor Massimo Mazzotti – anch’egli clarense e docente presso l’Università di Berkeley (California) – le ha richieste per conto del collega professor David Faulds, che sta appunto redigendo una biografia di Ferlinghetti in occasione del suo centesimo compleanno.
Insomma, pare che finalmente Lawrence Ferlinghetti – a cent’anni dalla sua nascita – abbia ritrovato il «profumo perduto» di casa.
LA VITA Lawrence Ferlinghetti è un poeta, editore e libraio statunitense. Nato a Yonkers il 24 marzo 1919 – da madre di origini francesi, ebree sefardite e portoghesi, e da padre italiano naturalizzato americano, che morì sei mesi prima della nascita di Lawrence – visse un’infanzia poco radicata. Dopo il ricovero della madre in manicomio, il piccolo venne affidato alla zia Emily che lo crebbe per cinque anni a Strasburgo dove acquisì il francese come lingua madre, da affiancare all’inglese al ritorno a New York, quando i datori di lavoro della zia lo adottarono e gli permisero di studiare giornalismo.
Trasferitosi a San Francisco, Ferlinghetti venne a contatto con la generazione beat, di cui lui stesso è stato e resta uno dei massimi rappresentanti. In quegli anni fondò la casa editrice e libreria City Lights che pubblicò i primi lavori di autori e amici del calibro di Jack Kerouac e Allen Ginsberg.
Dedito alla pittura e alla poesia, oggi Ferlinghetti si ritira spesso a Big Sur, sulla costa più selvaggia della California, dove vive una vita spirituale immerso nell’amata natura.
La sua famosa raccolta poetica A Coney Island In The Mind (1958) è stata tradotta in nove lingue.
Nata a Palazzolo, dopo la laurea in lingue e letterature straniere si trasferisce a Londra dove si dedica all’insegnamento. Lo studio delle scienze e della psicologia unitamente alla passione per la scrittura, il cinema e la musica riempiono le sue giornate spese tra l’Italia, il Regno Unito e gli USA.