Una cucina legata al territorio che rompe regole e schemi
Che Soncino sia tra i borghi tra i più belli d’Italia e centro culturale del Parco dell’Oglio Nord, è cosa nota. Quel che ancora non tutti sanno è che, quantomeno in materia di ristorazione, Soncino merita di essere annoverata tra le sorprese più interessanti e avanguardiste degli ultimi tempi, grazie all’incontenibile talento di Luca Zuterni: giovane del luogo che, a seguito di numerose esperienze, sceglie di tornare nella sua Sunsì per dare nuova linfa al ristorante di famiglia, attraverso un’interpretazione audace e azzardata del proprio territorio.
UN’EPOPEA FAMILIARE Il teatro di quest’opera avanguardista è il Parco della Pedrera, luogo da cui non a caso il ristorante acquisisce il nome. Ristorante che sorge su una palafitta, la quale – sovrastando il corso originale del fiume Oglio – rievoca una bella storia familiare: «Mio nonno era povero – racconta Luca – ma negli anni Cinquanta riuscì a comprare questo terreno per mille lire! Poi papà, una volta rientrato dal militare e stanco di fare il contadino, acquistò un trattore, decidendo di bonificare tutto il parco, che fino ad allora era una semplice palude. Gli venne così l’idea di stanziare al suo interno un chiosco in cui vendere bibite e ghiaccioli, divenendo il primo punto di ristoro lungo il fiume Oglio. Nel giro di dieci anni fu inaugurato il ristorante La Pedrera, che fino agli inizi del nuovo millennio ha funzionato soprattutto come locale da cerimonie». Fino a quando poi è passato nella mani audaci di Luca.
Del resto, Luca nasce nel 1990 e sin da bambino entra nelle cucine del ristorante di famiglia, percependo l’inevitabile richiamo dei fuochi. Logica, quindi, la sua successiva iscrizione alla scuola Alberghiera che però – a causa di un temperamento a tratti anarchico – non conclude, preferendo la gavetta: una maturazione in giro per l’Italia che lo porterà, tra collaborazioni e consulenze, a sviluppare un punto di vista più maturo e identitario. Punto di vista che prende forma il 28 marzo 2018, anno zero della nuova Pedrera, che riparte così sotto una luce completamente nuova: uno staff giovane, un locale perfettamente a fuoco e una fusione ricorrente con le arti figurative, grazie a una collaborazione indovinata con artisti giovani o affermati.
PIATTI COME RICORDI ONIRICI Ovviamente, la novità più grande è soprattutto la cucina, che si racconta accuratamente nei tratti caratteriali di Luca, dando forma a ricette estreme, audaci e ovviamente avanguardiste. Un’avanguardia, però, pensata: che non demolisce il passato ma lo eleva, prendendo spunto dagli elementi tipici del territorio non solo come semplici ingredienti, ma trasformandoli in basi di cottura o veri e propri strumenti per la preparazione dei cibi. È così che un sasso del fiume Oglio diventa un elemento di cottura, la corteccia di un albero una pentola e foglie e rami ingredienti per un brodo.
Il risultato è strabiliante e si propone in un menù in cui si susseguono piatti dagli accostamenti estremi e dalle denominazioni a tratti assurde. Un esempio? Che cavolo di lingua!; Hanno pilato la trota nel riso; È un casino questa pasta e fagioli!; Un cinghiale al bar: tutte portate che è possibile degustare alla Carta, o in una delle degustazioni a mano libera dello Chef (cinque portate per 50 euro, sette a 70 euro).
Provocatorio Quinto peccato capitale, una selezione di assaggi che propone di sostituire la nota dolce a tutto il percorso del pasto: quattro dessert protagonisti assoluti di una cena alternativa in bilico tra avanguardia e sperimentalismo. Pane, grissini e burro sono realizzati in casa, e spesso i piatti vanno ad attingere da elementi riconducibili alla terra o al bosco. Lo dimostrano le lumache, così come Il cervo va in città: una battuta di selvaggina servita in purezza con sfere di olio del Garda, una tuile di frutti di bosco, oli essenziali estratti in distillazione, pane bruciato e castagne.
L’audacia e il desidero di scompaginare preconcetti e regole bussa con Un bretone e un siculo a Shikoku: un piatto in cui mare e lago si fondono in un rapporto apparentemente folle e dissonante, ma capace di esaltare lo spaghetto di canapa attraverso le note salmastre dell’ostrica (liquida e in polvere), la bottarga di trota (preparata direttamente dallo Chef) e i piacevoli contrasti agrumati delle sfere di Yuzu.
Evidente poi il feticcio di Zuterni per riso e risotti. il Il bosco in un riso è la sintesi di una visione in bilico tra la necessità di attingere dall’essenza della Terra e lo stimolo di contaminare i propri piatti con esercizi di cucina molecolare. Mentre un piatto buono come Panificando il riso presenta un carnaroli spigoloso e superbo per ingredienti e accostamenti, che grazie alle acidità del lievito di birra essiccato, alla carnosità della tartare di vacca piemontese, alla terra di burro e all’aria di latte affumicato dà forma a un risultato strutturato e di puro godimento. Il bosco riesce a primeggiare anche nei piatti di mare, come nel caso del Dentice d’Acero, in cui il pesce viene cotto con sciroppo d’acero, porro e pop-corn in un tronco d’acero verde, riscaldato in forno statico a 250 gradi.
Piatti a tratti onirici, concepiti spesso di notte, e in cui è evidente la sfera soggettiva, istintiva e inconscia dell’ideatore, variabile impazzita nella ristorazione del territorio.
ROMPERE REGOLE E SCHEMI
Gli ortaggi provengono direttamente dall’orto di proprietà e il menù varia circa ogni due mesi, con eccezion fatta per due piatti signature e perennemente in carta che promettono di divenire il biglietto da visita del giovane Chef: Il gambero al mare e Iberico Futura 75.
Menzione d’onore per la pasticceria, in cui tecnica eclettica e classica si fondono armonicamente a influenze avanguardiste. Da non perdere Salvia! Disse la mela (mela granny, salvia, miele d’eucalipto e oro), così come Ho trovato il cioccolato dove nasce il tartufo (gelato vegano alla nocciola, tartufo bianchetto e soufflé al cioccolato Valhrona).
In ogni portata, dagli antipasti al dessert, vi è un continuo richiamo al territorio e alle origini, sottolineando l’importanza di mantenere radici forti per proiettarsi nel futuro. Non è casuale che la copertina del menù – la cui grafica è curata interamente dall’artista Filippo Alloisio – rievochi proprio questo concetto naturale. Un dettaglio che ci anticipa quanto il progetto de La Pedrera, a un anno esatto dalla sua (ri)nascita, sia legato a filo doppio con il mondo dell’arte: lo testimoniano gli elementi d’arredo come i tavoli – pezzi unici in ferro acidato realizzati da Denis Martinelli – le atmosfere nordiche, le luci soffuse e il dialogo incessante con artisti coinvolti sia nella realizzazione dei piatti e delle ceramiche di portata, sia in mostre e Cene con l’Artista organizzate da Mara Gualina, compagna dello Chef e co-fautrice di questo progetto innovativo, sensibilmente avanzato e perfettamente in sintonia col mutare dei tempi, capace di attrarre pubblico e curiosi anche dalle province limitrofe. Un bell’esempio di come rompere le regole spesso possa far bene a un territorio votato alla tradizione. Un territorio che, grazie a La Pedrera (aperto a cena dal venerdì alla domenica e a pranzo tutti i giorni, tranne il sabato) da oggi può essere raccontato attraverso una chiave di lettura differente e certamente più avanguardista!
Per gli amici “la Busky” è una delle firme di punta del magazine di cucina di Lorenzo Vinci (ex magazine de Il Giornale). Con il suo sito web MangiareDaDio.it è una delle food storyteller più seguite in Italia: nella sua carriera ha intervistato i più influenti e noti Chef italiani: da Gualtiero Marchesi ad Antonino Cannavacciuolo.