Sulla sedia a rotelle da quando ha 15 anni, la sua autobiografia è un successo editoriale
Partire da ragazzino spensierato per andare a fare il bagno al fiume con gli amici e tornare a casa da uomo adulto a bordo di una sedia a rotelle, dopo un anno e mezzo passato in ospedale per colpa di un tuffo sbagliato che gli ha provocato una lesione alla spina dorsale.
La storia di Giovanni Suardi – raccontata nella sua autobiografia Andata e Ritorno, un vero e proprio romanzo di formazione – è un inno alla vita e al non darsi mai per vinti, anche quando la vita stessa ti mette di fronte a delle decisioni di capitale importanza.
Il libro scritto dal 51enne palazzolese (pubblicato da Armando Curcio Editore e già alla prima ristampa), è diventato un piccolo successo editoriale ed è stato presentato la sera del 21 novembre in una sala civica palazzolese gremita di amici, parenti e concittadini che hanno voluto ascoltare come la sua vita è cambiata quel maledetto 18 agosto 1983.
«All’epoca avevo 15 anni – racconta Giovanni – e con i miei amici eravamo andati a fare il bagno nell’Oglio, in località Baco a Tagliuno: era un po’ la spiaggia di noi che non potevamo permetterci di andare al mare. Facendo un tuffo ho picchiato la testa e da lì la mia vita è cambiata. Ho passato tre mesi in rianimazione a Pavia, poi altri tre in chirurgia a Padova e infine più di un anno all’ospedale di Lonato, ma sono stato comunque molto fortunato a sopravvivere ad una lesione midollare: una patologia che trentacinque anni fa aveva una mortalità del 99 percento».
In questa vicenda, secondo Giovanni la sua famiglia non è stata solo importante, ma addirittura fondamentale. «Nella prima fase dopo l’incidente la figura più forte è stata quella di mio papà Pietro, ma anche mia mamma Elvia e mia sorella Carla mi sono state sempre molto vicine, così come anche gli altri membri della famiglia allargata che ringrazio tantissimo».
Il rapporto di Giovanni con il fiume Oglio prima e dopo l’incidente è ovviamente molto cambiato. «Prima lo vivevo molto direttamente: ci facevo il bagno al Cornone, ci andavo a pescare giorno e notte con mio papà, ne conoscevo ogni centimetro. Col fiume adesso è un amore platonico: spessissimo mi fermo ad ammirarlo dal ponte romano, ma purtroppo non c’è ancora un accesso all’acqua per i disabili». E Giovanni – essendo stato uno dei primi in città a vivere e a lavorare in sedia a rotelle – è stato a suo modo un precursore delle battaglie contro le barriere architettoniche. «Trentacinque anni fa, quando la gente mi vedeva in carrozzina, sembrava che stesse guardando un mostro o un animale da circo, mentre al giorno d’oggi la sensibilità e l’approccio delle persone è molto cambiato. Non solo. All’inizio incontravo grandi difficoltà a spostarmi in strada e anche negli edifici pubblici: col tempo poi si è capito che le strutture devono essere accessibili anche ai disabili e Palazzolo in questo è un’isola felice».
L’incontro più rilevante di quella che lui stesso definisce la sua «seconda vita» è stato quello con Enrica, la sua attuale moglie. «Ci siamo conosciuti in Comune a Palazzolo, dove io avevo iniziato a lavorare dopo la morte di mio padre: lei stava facendo una ricerca per la sua tesi di laurea e abbiamo iniziato a frequentarci – racconta sorridendo -. Lei è la persona più importante della mia vita: con lei sono riuscito a ripartire da zero e a uscire dall’isolamento in cui ero finito dopo che tutti i miei vecchi amici mi avevano abbandonato.
Con lei sono riuscito a fare una vita normale, che è sempre stato il mio scopo principale». E il libro scritto da Giovanni nel corso di quattro lunghi anni è dedicato proprio a loro figlio Nicola, che è un po’ il simbolo di questa loro seconda vita insieme. «Ho dedicato a lui il libro perchè gli avevo sì spiegato tutta la mia storia, ma gli avevo raccontato solamente i fatti. Dovevo scrivere qualcosa per spiegargli anche i sentimenti che avevo provato, le emozioni che quei fatti avevano fatto scaturire: ed è anche per questo che scrivere il libro è stato così difficile e faticoso».
Il 26 settembre una copia di Andata e Ritorno è stata consegnata da Giovanni nelle mani di Papa Francesco in persona: un’emozione e una soddisfazione non da poco. «Io e Enrica eravamo a Roma per festeggiare il nostro 25esimo anniversario di matrimonio e abbiamo voluto farci questo regalo. Ora sto lavorando per poter consegnarne personalmente una copia a Luciano Ligabue, perchè le sue canzoni sono state particolarmente importanti per me in varie fasi di questo mio viaggio».