C’è un rombo che l’1 settembre 1991 risuona in tutta piazza Castello, durante la prima presentazione ufficiale del sogno di gloria e motori made in Palosco: proprio lì, davanti a centinaia di persone con gli occhi sbarrati – e qualcuno pure con le orecchie tappate. È il rombo che per chi ama i motori suona come la tromba del Paradiso, l’arrivo della Cavalleria, il fischio della vittoria: è il suono della Fondmetal F1. Infatti, ad essere stato acceso era il motore Ford DFR della monoposto FA1M-E: con la sua livrea nera, bianca e rossa ideata da Gabriele Rumi, patron di Fondmetal e grande appassionato di corse, con un passato da pilota in Formula Monza.
«Mi ricordo il rombo di quando è stata accesa, impossibile da dimenticare», ha scritto sulla nostra pagina Facebook uno dei tantissimi fan e nostalgici del sogno rombante paloschese: come lui, in moltissimi ricordano gli anni mitici in cui anche Palosco divenne distretto della Formula 1. Tante persone, tanti lettori, che ci hanno scritto per aiutarci a far riemergere una storia appassionante, che desideravamo raccontare da tempo.
«La più bella festa mai fatta. Per un paese come il nostro fu una cosa epocale: arrivarono persino i giornalisti RAI e noi noleggiammo una grande roulotte da adibire ad Ufficio Stampa», ricorda anche Claudio Alessi, tra i fondatori del Club Fondmetal: il fan club fondato anche da Luigi Gritti, Roberto Saleri, Franco Mora e Roberto Brignoli che – nato all’inizio degli anni Novanta – arrivò a toccare la vetta di più di trecento iscritti, qualcuno pure dalla Svizzera.
Il sogno di Palosco di diventare una piccola Maranello in terra orobica, però, era iniziato già prima, nel 1985, quando la scritta Fondmetal – già fornitrice di cerchi per team storici come Williams e Tyrrel – compare come sponsor sulle vetture Osella. Al volante ci sono Nicola Larini e quel Piercarlo Ghinzani con cui poi Gabriele Rumi instaurerà un’amicizia personale, che proseguirà anche negli anni successivi.
Tuttavia, alla fine del decennio la scuderia piemontese Osella si trova in difficoltà e nel 1991, rilevate le strutture, Fondmetal si presenta al via del Campionato del Mondo di Formula 1 come Team Ufficiale. Sono gli anni, per dare un’idea, in cui gareggiano campioni del calibro di Ayrton Senna (che al termine della stagione vincerà il suo terzo titolo mondiale), Nigel Mansell, Nelson Piquet, Alain Prost e un giovanissimo Michael Schumacher. «A Palosco si registrava un fermento incredibile, con i meccanici e gli ingegneri che vivevano qui e si mischiavano con noi al bar. All’epoca poi c’era una passione per i motori che adesso forse non c’è più», ricorda ancora Alessi.
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La vettura viene affidata al francese Oliver Grouillard, nel 1984 campione di Formula 3 e da lì passato in Formula 1 con Ligier (nel 1989), prima di approdare in Fondmetal F1. Nonostante l’entusiasmo dei fan e un decimo posto in griglia al Gran Premio del Messico, i risultati raccolti non coincidono con le aspettative; curiosando sui siti specialistici, l’opinione diffusa è che il pur bravo pilota francese abbia uno stile di guida troppo duro, che riduce di molto l’affidabilità del mezzo. Infatti, in undici prove arriva solo un decimo posto finale al Gran Premio del Belgio e così (dopo il Gran premio del Portogallo), la dirigenza opta per un cambio di guida tecnica, affidando la vettura a Gabriele Cinghio Tarquini.
Il pilota italiano – già campione italiano, europeo e mondiale di kart tra il 1983 e 1984 e nel 1987 alla guida di una monoposto Osella – chiuderà così la stagione con il dodicesimo piazzamento al Gran Premio di Spagna e con un brillante undicesimo posto in Giappone, che gli valgono la riconferma anche nella stagione successiva. Come team manager viene confermato Gianfranco Palazzoli.
Ed è così che all’inizio del Campionato del Mondo del 1992 la scuderia di Palosco si presenta con rinnovate ambizioni e – a partire dal Gran Premio di San Marino – con una monoposto nuova: quella tanto attesa FOMET1 progettata in Gran Bretagna. La seconda monoposto viene affidata prima ad Andrea Chiesa e poi, per le tre gare finali, al belga Van de Poele – che nel 2008 diventerà l’unico pilota a vincere per cinque volte la 24 ore di Spa-Francorchamps: gara di endurance, seconda per blasone solo alla 24 ore di Le Mans.
Con la nuova vettura arrivano anche le prime soddisfazioni: un terzo tempo assoluto in gara a Interlagos (dietro solo alle due imbattibili Williams di Mansell e Patrese) e il quarto tempo di Tarquini nel warm-up del GP d’Ungheria.
Ma come spesso accade anche nelle più belle favole, destino e fortuna si mettono di traverso, con Cinghio Tarquini che esce di pista sotto una pioggia torrenziale, mentre si trova al settimo posto e in lotta con J.J. Lehto e Pierluigi Martini per la conquista del sesto posto: cosa che avrebbe significato il primo punto nella storia di Fondmetal, nonché il diritto a partecipare alla spartizione dei dividendi di fine stagione. La linfa vitale per la scuderia.
Senza questi risultati e con un sistema di qualifiche che fatica a garantire la presenza in gara e la conseguente difficoltà a reperire sponsor, per Rumi diventa difficile sostenere da solo i costi della presenza nel Campionato del Mondo. E quindi Fondmetal F1 non viene iscritta al campionato del mondo di F1 del 1993.
«Non credo si possa dire che Rumi sbagliò qualcosa, o che il progetto fosse troppo ambizioso, anzi. Il team era molto valido a livello tecnico: quasi tutti i meccanici e gli ingegneri sono poi rimasti nel mondo della Formula 1, o dei motori, ad altissimi livelli – conclude Alessi -. Semplicemente ci si confrontava con delle realtà molto più strutturate. La mia opinione personale è che a Palosco andrebbe intitolata una via a Rumi, perché il beneficio per il paese – per fama, coraggio e anche in termini di posti di lavoro in tutti questi anni – grazie a lui è stato enorme».
E se il sogno del patron di Fondmetal di restare nel mondo della Formula 1 proseguirà comunque negli anni a seguire – stavolta con l’acquisto di una quota di maggioranza della scuderia Minardi, presente poi fino al 2001 – a Palosco e non solo resta indelebile il ricordo di quell’avventura irripetibile: basta chiudere gli occhi per risentire il rombo del motore nostrano, pronto per la corsa, fare eco in piazza Castello, tra la chiesa parrocchiale e il municipio di Palosco.