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Dai Territori

I frutti della terra nei menù del Parco Oglio Nord

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Dal pescato del lago d’Iseo alla farina della campagna cremonese, dalla formaggella di latte vaccino alla selvaggina: il Parco Oglio Nord riserva piacevoli sorprese per chi ama la natura e il buon cibo. Non solo sapori per ogni palato, ma un vero patrimonio enogastronomico da valorizzare. Un progetto che si sposa a meraviglia con la filosofia di Luciano Lissana, nuovo gestore del Ristorante Molino di Basso, a Torre Pallavicina: struttura che fa appunto parte del parco ed è una delle sue attrazioni.

Ha fatto parecchia strada per tornare nelle sue terre e cominciare a giugno questa avventura, Luciano. Classe 1963, nativo di Fontanella al Piano, Luciano è un vero globetrotter della cucina: vent’anni di esperienza accumulata tra Garda, Toscana, Roma e Svizzera, lavorando come chef e come consulente per ristoranti in fase di lancio. «Quello che oggi vediamo fare da Cannavacciuolo, tanto per intenderci», dice lui, svelandosi pioniere involontario dei moderni show televisivi sulla ristorazione. Inoltre, nel suo curriculum può vantare collaborazioni con Luigi Veronelli, filosofo nonché tra i più illustri giornalisti enogastronomici a livello nazionale. «Presi parte al progetto L’olio secondo Veronelli, avviato nel 2000, che coinvolse diversi produttori da tutta Italia. Collaborai anche per la stesura del suo libro L’olio e la vera buona cucina».

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Oggi, come detto, Luciano è tornato a casa e con il Molino di Basso offre piatti che cambiano ogni settimana, ma sempre legati al territorio: dal menù di terra (oche, faraone, conigli, anatre), a quello d’acqua dolce (trote e storioni), fino a quello vegetariano, che permetterrà di godere delle colture stagionali dell’orto e delle insalate che crescono lungo il fiume. Senza contare che, specifica Luciano, «pasta e pane sono fatti in casa», come i ravioli ripieni all’aglio nero con lumache, che realizza tra una chiacchierata e l’altra di questa intervista.

Insomma, tutto – anche i dolci – passa dalle sapienti mani di Luciano. «Ho scelto di stare solo io in cucina, almeno per ora», conclude lo chef che al momento si avvale dell’aiuto moglie Chiara, direttrice di sala, e del figlio Luca, cameriere 22enne. «Quando il volume di lavoro aumenterà, ci sarà bisogno di uno staff: sceglierò dei ragazzi dall’Alberghiero e li addestrerò come ho fatto per anni, ma stavolta col mio tocco personale». Come ogni vero maestro che desideri passare la propria conoscenza.

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