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Intervista

Ovidio Pedrali, la scrittura come rinascita dopo l’incidente

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Parto volando, torno planando. Questa è la frase – che è anche il titolo del suo primo, intenso libro – tanto ermetica quanto densa di significato, con la quale il 57enne pontogliese Ovidio Pedrali ha voluto raccontare in un’opera autobiografica i suoi difficilissimi ultimi anni. Cominciati con un terribile incidente e proseguiti con una lunga riabilitazione che solo oggi, a distanza di quasi tre anni, lo vede in fase di miglioramento.

Ma partiamo dall’inizio. Proprio da quel maledetto 9 dicembre del 2015, quando Ovidio – perito chimico dipendente di un’azienda di Chiuduno – prende la sua moto per tornare a casa, dove lo aspettano a cena la moglie e il figlio. Pochi minuti dopo si trova a terra con le ambulanze a soccorrerlo. La sua situazione è gravissima.

«Ricordo quei momenti: io a terra con i soccorritori a farmi domande e a controllarmi – spiega Ovidio -. Per un momento sono stato anche cosciente, ho sentito al telefono mia moglie, ma poi il nulla. I ricordi successivi sono di diversi giorni dopo, quando mi sono risvegliato dal coma in un letto dell’ospedale di Bergamo. Ricordo il sollievo di mia moglie Lisi che mi parlava e poi mi chiedeva se mi rendessi conto di ciò che era successo. La lesione al midollo spinale che ho subito è stata terribile e mi sento come un miracolato: sarei dovuto rimanere senza l’uso delle gambe e invece con la tenacia durante la riabilitazione e anche un po’ di fortuna ora riesco a deambulare, pur sempre con l’aiuto di appositi strumenti».

Il periodo più difficile è stato probabilmente quello passato nella clinica di Mozzo (Bergamo): nove lunghi mesi per riprendere a vivere, tra speranze e convinzione di non poter mollare. «Ho dovuto accettare questa nuova situazione partendo dalla consapevolezza di avere resettato la mia esistenza – continua il pontogliese -. Ho dovuto cambiare prospettiva in tutto ciò che facevo prima. Non posso più lavorare, ma posso continuare a vivere per chi mi vuole bene, a leggere i miei amati classici, ad ascoltare buona musica, a spiegare alle persone quanto sia importante non gettare al vento nemmeno un minuto della nostra permanenza sulla Terra. È come se mi fosse stata data una seconda chance: devo onorarla per me stesso, ma soprattutto per la mia famiglia».

Ad un certo punto, le esigenze terapeutiche si sono sovrapposte con le necessità emotive e ha trovato una perfetta conciliazione. «Durante la riabilitazione ho cominciato a esercitarmi per riprendere l’uso delle mani e delle dita, che sono ancora un problema per me – dice Ovidio -. Dato che il miglior modo per farlo era quello di scrivere, ho cominciato a mettere su carta le mie impressioni, quasi come fossero flussi di coscienza, esperienze sensoriali visive o mentali che avevo fatto dall’incidente in poi». In questo modo è nato il libro Parto volando, torno planando, pubblicato in primavera dalla casa editrice Albatros e presentato negli scorsi mesi anche in tv a Roma per Sky e a Torino per il Salone del Libro. Il volume è anche disponibile sulle maggiori rivendite online di libri, ma la tenacia del pontogliese non lo ha fatto certo fermare qua: un secondo volume è in fase di preparazione e verrà pubblicato relativamente presto, ovvero l’anno prossimo. Del resto, come cita Ovidio nel suo libro – riprendendo il suo amato David Bowie, fonte di ispirazione – we can be heroes just for one day.

Giornalista pubblicista, classe 1986, nato a Palazzolo sull’Oglio dove risiede da sempre. Laureato magistrale alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, lavora come corrispondente per un importante quotidiano locale.
Appassionato di cinema, di storia, lingue straniere e geopolitica.

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