Quella di cui si sono resi protagonisti il pontogliese Sebastiano Rota e il cividatese Claudio Stroppa è a tutti gli effetti una sana pazzia, un viaggio su rotaia tra i più lunghi del mondo e che affonda le proprie radici nella storia dei popoli più antichi. Infatti, nell’agosto dello scorso anno, i due giovani universitari hanno percorso via terra tutti i 14mila chilometri della mitica ferrovia Transiberiana: da San Pietroburgo fino a Shanghai, passando per la Mongolia, Pechino e la Grande Muraglia.
Ma come è nata l’idea di questa impresa e come i due giovani viaggiatori hanno organizzato la loro partenza? «L’idea è nata quasi per caso in una fredda sera di gennaio – hanno spiegato con naturalezza i due amici – A noi non piacciono le cose semplici, tant’è che abbiamo iniziato a organizzarci solo a luglio e già ottenere tutti i visti è stata un’impresa. Siamo partiti con il solo biglietto aereo di andata e ritorno. Comprare i biglietti del treno in loco ci ha permesso di risparmiare, ma non sempre è stato semplice capirsi e capire se avessimo preso il biglietto, o il treno corretto. Però, è anche questo il bello di avere un itinerario ideale, senza nulla di prenotato: adattarsi e sorprendersi continuamente».
Un’esperienza così totalizzante e per certi versi estrema ha lasciato sicuramente il segno nei loro cuori. «Sembra banale dirlo ma questa esperienza ci ha arricchiti – raccontano i giovani -. Sicuramente il non aver prenotato nulla prima della partenza ci ha permesso di sviluppare e testare le nostre capacità comunicative e di sopravvivenza, cercando di cavarcela al meglio in ogni situazione. È stato molto interessante il saper coltivare la pazienza: cento ore filate di treno tra Mosca e Ulaan-Bator, con lo stesso paesaggio fuori dal finestrino, mettono a dura prova il sistema nervoso».
Durante un viaggio così lungo, i due amici hanno affrontato anche momenti difficili. «Negli ultimi giorni a Shanghai – confessano i due – per quanto ce la stessimo godendo, la stanchezza dei 22 giorni e dei quasi 14mila chilometri precedenti si è fatta sentire». Ma in Mongolia Sebastiano e Claudio hanno potuto visitare un mistico centro energetico e di vivere a contatto con le popolazioni autoctone di pastori nomadi. «Il centro energetico, con vista sullo sconfinato deserto del Gobi, ha un qualcosa di magico, ti catapulta in un silenzio assordante che ti pone di fronte a qualsiasi dubbio, o indecisione che ti pervade. Essere a contatto con gli allevatori di cavalli ci ha permesso di conoscere usi e costumi: un popolo meraviglioso che ci ha messo subito a nostro agio trattandoci come persone facenti parte del loro microcosmo».